13.4.11

Una donzella non con uman volto

VENUS




Venere trae il nome dalla dea romana dell'amore e della pace. Per i greci era Afrodite, per gli egiziani Iside e per i fenici Astarte. Venere era associata al rame (metallo di cui è ricca Cipro, isola natale di Afrodite) e veniva raffigurata a volte come un triangolo piatto, a volte con il numero cinque ed altre con il colore blu. Veniva inoltre identificata con il giorno di Venerdì: i Sassoni usavano il nome della loro dea della fertilità, Fria, che si trasformò poi nel nome inglese di Friday (Venerdì), mentre il nome francese Vendredi indica la sua chiara origine greco-latina.

Secondo la mitologia, Venere/Afrodite era figlia di Cielo e Mare, ovvero di Urano e Gaia; ma viene anche riconosciuta come una delle figlie di Zeus, o anche come figlia della schiuma del mare.

Esistono due versioni della nascita di Venere: nella prima (narrata da Esiodo nella sua Teogonia), la dea era nata prima delle altre divinità dell'Olimpo. Quando il titano Crono recise i genitali del padre di Venere (Urano) e li gettò in fondo al mare, il sangue ed il seme in essi contenuti si addensarono in forma di schiuma e da questa emerse Afrodite (da cui l'origine del suo nome: la parola aphros significa schiuma), , che fu sospinta dagli Zefiri fino all'isola di Cipro; secondo altre fonti, approdò prima a Citera o a Pafo. Sulla riva, comunque, fu accolta dalle Ore (le Stagioni) che la vestirono, la agghindarono e la condussero presso gli immortali. Dunque, Afrodite non aveva avuto né infanzia, né fanciullezza: era venuta al mondo come una donna giovane e completamente formata (vedasi anche la "Venere in Conchiglia").



Nella rappresentazione di Botticelli, Venere, nata dalle onde, è in piedi su una conchiglia (simbolo di fertilità) e viene sospinta dagli dei del vento verso la riva, dove Flora, dea dei fiori, l'attende per avvolgerla in un rosso mantello. Le chiome fluttuanti e le vesti ondeggianti conferiscono al dipinto una vorticosa leggerezza.
In origine, Venere era la dea dei giardini e degli orti e solo in seguito venne identificata con Afrodite, dea dell'amore e della bellezza.

Dal Rinascimento in poi, questa ddivinità è stata la figura mitologica femminile più rappresentata nella storia dell'arte occidentale. Il suo ruolo di dea dell'amore giustificò il fatto che venisse dipinta senza veli e il suo nome era talvolta solo un pretesto per poter commissionare un nudo femminile.

Per i neoplatonici fiorentini del Quattrocento – come, per esempio, Lorenzo di Pier Francesco de' Medici, mecenate di Botticelli - c'erano due Veneri, immagini rispettivamente della natura spirituale e di quella fisica dell'amore. Secondo tale teoria, formulata per la prima volta da Platone, la Venere celestiale personificava l'amore nato dalla contemplazione del divino, mentre la Venere terrena attendeva di trasformarsi in quella celestiale. Nei dipinti, la prima era raffigurata nuda, come simbolo di purezza, mentre la Venere terrestre era vestita elegantemente e ricoperta di gioielli





Pierre Auguste Renoir, Il Giudizio di Paride, 1914
Germantown, Pennsylvania - Collezione privata


Venere/Afrodite fu la causa indiretta della Guerra di Troia, che iniziò con una contesa il cui oggetto era la proclamazione della dea più bella dell'Olimpo. Nell'opera di Omero non vi è alcun cenno a questa origine per la guerra di Troia, ma ne parla Euripide nelle Troiane.

Zeus era persuaso che la terra fosse sovrappopolata, quindi convinse Eris a partecipare alle nozze di Peleo con la nereide Teti, che lasciò rotolare tra i convitati una mela d'oro (il pomo della discordia), con la scritta «Alla più bella».

Nacque subito una disputa tra Era, Atena ed Afrodite. Le tre dee chiesero allora aiuto a Zeus, il quale si rifiutò di esprimere un parere, ma decise di rimettere il giudizio ad una persona imparziale. La scelta cadde sul pastore, Paride, che si trovava sul monte Ida. Qui Ermes, preso il pomo della discordia, condusse le tre dee. Ma a Paride venne chiesto di decidere non in base alla bellezza, ma in base al miglior dono che ciascuna gli avrebbe offerto. Giunone gli offrì di diventare il dominatore di Europa e di Asia, Atena gli promise che avrebbe condotto i Troiani alla vittoria sui Greci e Afrodite gli offrì in sposa la donna più bella del mondo (Elena). Paride consegnò così ad Afrodite il pomo della discordia e la dea lo condusse da Elena di Troia, moglie di Menelao, aiutandolo a rapirla: fu questa la causa della guerra di Troia. Con la sua scelta, Paride si inimicò anche Atena ed Era, che si schierarono con gli achei.



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Alexandre Cabanel, Nascita di Venere, 1863

Dalla Grecia, il mito di Afrodite penetrò nella cultura ellenistico-romana cambiando il nome in Venere (Venus). La Venere dei romani era in origine una divinità essenzialmente agreste, protettrice dei campi, dei giardini e dei loro coltivatori. Più tardi, divenne dea della bellezza e dell'amore e a lei si doveva la vita e, infatti, i romani la identificavano anche con la primavera, la rinascita della natura. Lucrezio, nell'incipit del De rerum natura, la descrive così:

Alma Venere, genitrice degli Eneidi delizia degli uomini e degli dei, tu che sotto gli astri erranti nel cielo fecondi il mare che porta le navi e la terra carica di messi, per te tutti gli esseri viventi sono concepiti e nascendo vedono la luce del sole; quando tu appari, o dea, fuggono i venti, fuggono le nubi del cielo, sotto i tuoi piedi la terra fertile produce fiori soavi, a te sorride la distesa del mare e il cielo, placato, versa un torrente di luce...



Paolo Veronese
Marte che spoglia Venere con amorino e cane, c. 1580
National Gallery of Scotland


Jacques-Louis David, Marte disarmato da Venere e le Grazie, 1824
Bruxelles, Musée Royaux des Beaux-Arts


VENERE CALLIPIGIA

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